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Confermato l’ergastolo per il fidanzato di Lorena Quaranta. Il papà: “Giustizia è fatta”. L’avvocato La Torre: “Servono sentenze così”

“Niente stress da Covid”. Confermata la condanna all’ergastolo nel processo d’appello bis per il femminicidio di Lorena Quaranta, la studentessa in Medicina, originaria di Favara, in provincia di Agrigento, uccisa a Furci Siculo il 31 marzo del 2020 in piena pandemia: la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato l’ergastolo per l’infermiere calabrese Antonio De Pace, fidanzato di Lorena, autore del femminicidio.

La scorsa udienza il sostituto pg aveva chiesto la condanna a 24 anni con il riconoscimento dell’equivalenza delle attenuanti alle aggravanti. La conferma dell’ergastolo era stata chiesta invece dagli avvocati di parte civile Giuseppe Barba di Agrigento e dalle avvocate Cettina Miasi e Cettina La Torre del Foro di Messina. La difesa di De Pace è stata rappresentata dagli avvocati Salvatore Staiano di Catanzaro, Bruno Ganino di Vibo Valentia.

Il processo – come riferisce l’Agi – si è svolto davanti ai giudici di Reggio Calabria a seguito della decisione della Corte di Cassazione che aveva annullato con rinvio, limitatamente all’applicabilità delle attenuanti generiche, la condanna all’ergastolo inflitta al giovane a Messina. Secondo la Corte di Cassazione, la corte d’assise d’appello di Messina, non aveva verificato se “la contingente difficoltà di porre rimedio” allo stato d’angoscia dell’imputato a causa del Covid, “costituisca un fattore incidente sulla misura della responsabilità penale”.

Antonio De Pace, non era in aula ma videocollegato. In aula i genitori di Lorena con i legali e i difensori del condannato.

Il Papà di Lorena: “Giustizia è fatta per Lorena”

“Giustizia è fatta. Abbiamo passato momenti brutti. Questa sentenza non è solo per mia figlia Lorena, ma per tutte le donne finite nelle mani di persone brutali”. E’ commosso quando risponde alla Dire, appena terminata l’udienza di oggi in Corte d’Appello, il signor Enzo Quaranta, papà di Lorena.

Una condanna che arriva nella settimana dell’ergastolo di primo grado per Impagnatiello, per aver ucciso la fidanzata Giulia Tramontano incinta al settimo mese, e alla richiesta di ergastolo per Turetta, assassino di Giulia Cecchettin. Anche Lorena, studentessa di medicina, proprio come Giulia, la laurea, il sogno coltivato fin da bambina di diventare medico, l’ha conseguita dopo esser stata brutalmente assassinata.

Momenti brutti quelli passati dalla famiglia di Lorena quando la Cassazione aveva chiesto di rivalutare la condanna alla luce dello stress vissuto nel periodo pandemico. “Un infermiere specializzato, un omone di due metri, andava in moto, allora io con quello che abbiamo vissuto dovrei fare una strage?”, domanda. E ancora: “Se un ubriaco uccide perché ubriaco, se un licenziato uccide perché licenziato, allora se la pensiamo così dove finiamo?”. “Grazie ai miei avvocati, ai giornalisti, ma giustizia è fatta”.

L’avvocato Cettina La Torre: “Servono sentenze così, non panchine rosse”

“I giudici oggi hanno fatto una scelta chiara e dovuta. Non si può pensare di concedere attenuanti per lo stato emotivo in delitti cosi efferati. E’ da escludere qualsiasi attenuante. Una sentenza diversa avrebbe creato precedenti molto pericolosi, perché qualsiasi stato emotivo potrebbe costituire un’attenuante”. Questo il commento alla Dire dell’avvocato Cettina La Torre, legale dei genitori di Lorena Quaranta. “Ci speravo – continua – perché come dissi nella mia difesa le donne devono trovare giustizia nei tribunali o sono inutili le panchine rosse come quella davanti alla corte di Reggio Calabria. Oggi ce l’abbiamo fatta per tutte le donne che vogliono credere nella giustizia. Dobbiamo continuare a lottare: dopo la pronuncia della Cassazione abbiamo sofferto tanto. Nessuna sentenza può ridare Lorena ai suoi genitori, ma dà dignità al loro dolore”.

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