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venerdì, Dicembre 6, 2024
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Gianluca Trimarchi continua a lottare per un altro tempo della sua lunga partita. Martedì prossimo la sentenza del rito abbreviato. La sorella: “sono convinta che la giustizia esista”

“Da quasi sei mesi, ormai, la mia vita, quella della mia famiglia e soprattutto quella di Gianluca, non sono più le stesse. Da quasi sei mesi, ci è stata strappata la nostra quotidianità, in maniera del tutto gratuita ed immotivata”.
Esordisce così, in una lettera, Gabriella, la sorella di Gianluca Trimarchi che, in quella maledettissima notte tra il 22 ed il 23 luglio scorso, è stato colpito alla testa con un violentissimo pugno, senza alcun motivo, da un istruttore di arti marziali, il messinese Francesco Saporito. Un pugno che ha fatto appassire un fiore. Un fiore che da tanto, troppo, tempo lotta per tornare alla normalità. Ed insieme a lui la famiglia che, a qualsiasi ora del giorno e della notte, non gli fa mancare presenza e supporto. Non è facile riprendersi. Ma Gianluca è un condottiero, come quando tra i pali difendeva la porta della propria squadra. Il triplice fischio dell’arbitro non è ancora arrivato e lui è lì tra una sedia ed un letto di ospedale a tenere i guantoni alti per non farsi beffare e vincere la sua partita.
“Sei mesi, sono tantissimo tempo – continua Gabriella. In questo tempo di lacrime, paure, dolori, speranze e per Gianluca, battaglie per la sopravvivenza, io ho potuto solo andare avanti, restandogli accanto portando avanti la lotta per la giustizia. Si, perché ancora in essa credo, nonostante tutto. Nonostante lo schiaffo morale ricevuto dal tribunale della libertà ad agosto, a pochi giorni dall’arresto del responsabile del nostro dolore. Abbiamo ricevuto una delusione nell’apprendere che la stessa persona, capace di compiere un atto tanto vile nei confronti di mio fratello, lo stesso che era stato condannato per ben due volte per fatti analoghi compiuti in passato, fosse stato posto in regime di arresti domiciliari. Un soggetto pericoloso, un soggetto che conosce bene e pratica le arti marziali e che quindi non poteva non sapere che stava colpendo un punto vitale quando ha agito, (a parer mio), un soggetto che aveva dimostrato che con un solo pugno avrebbe potuto uccidere, mandato agli arresti domiciliari. Mentre mio fratello, ancora in coma, lottava sospeso tra la vita e la morte in una stanza della rianimazione, qualcuno decideva che il responsabile meritava di tornare a casa propria. Incredibile e assurdo. È chiaro che quello è stato un provvedimento che ho mal digerito. La mia richiesta, in fondo, è solo quella che sia fatta giustizia, che venga dato un segnale ben preciso perché chi compia simili atti smetta di pensare che possa cavarsela con poco, continuando a vivere serenamente la propria vita, dopo aver distrutto quella di qualcun altro. Lo ritengo inaccettabile. La casa non è il posto giusto dove meditare seriamente su quanto commesso, anzi, lo ritengo quasi una vacanza premio. Sono convinta tuttavia che la giustizia esista, ed in essa confido fortemente ed è per questo che riesco a mantenere la mia serenità. La fede poi è stata di fondamentale importanza per noi, ci ha aiutato a superare uniti i momenti più difficili, la speranza e la vicinanza spirituale di tanti amici, a darci coraggio per andare avanti ed i gesti d’amore e d’affetto ricevuti, a restare in piedi quando sembrava impossibile farlo. Non auguro a nessuno quanto vissuto da noi e soprattutto quanto vissuto da Gianluca in prima persona, perché nessuno dovrebbe patire quanto sofferto da lui in questi lunghi mesi. Ringrazio ogni persona che ci sta accanto con i mezzi che vuole e che può, ringrazio I nostri legali, e chi segue il decorso sanitario di mio fratello e ci aiuta, anche da lontano. Sarò sempre infinitamente grata a chi gli ha salvato la vita, strumento di Dio, a chi lo ha accudito e chi oggi lo accudisce con amore, come un figlio o un fratello. I bravi medici che abbiamo incontrato durante questo triste cammino ancora molto lungo e tortuoso, sono la testimonianza che Dio è accanto ai buoni soprattutto nelle difficoltà. Adesso, imminente, aspettiamo, che si compia la giustizia terrena”.
Giorno 14 gennaio si torna in aula per l’ultima udienza del rito abbreviato. Nel pomeriggio dovrebbe esserci la sentenza.

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