Viabilità, trasporti, edilizia scolastica, competitività, gestione delle risorse idriche.
Sono queste le linee principali del Par della Sicilia che questa mattina ha ricevuto il via libera del Cipe. Un piano da 4,313 miliardi di euro che andrà a finanziare i seguenti settori:
TRASPORTI: interventi a favore delle isole minore per favorirne l’attrativita’ turistica (300 milioni di euro).
VIABILITA’: miglioramento delle grandi arterie stradali (Messina-Palermo, Messina-Catania, Catania-Ragusa, Siracusa-Gela per circa 370 milioni), diversi lotti nord-sud tra Gela e Santo Stefano di Camastra per 560 milioni.
IDRICO: miglioramento della gestione delle risorse idriche per 560 milioni di euro.
AMBIENTE: interventi infrastrutturali per la salvaguardia della pubblica incolumita’ (410 milioni).
INNOVAZIONE TECNOLOGICA: 91 milioni per favorire la trasparenza dell’azione pubblica.
COMPETITIVITA’: 330 milioni per i contratti di sviluppo a favore del tessuto imprenditoriale siciliano.
EDILIZIA SCOLASTICA: 80 milioni per la valorizzazione del patrimonio scolastico regionale.
ENTI LOCALI: 450 milioni per combattere il traffico, per gli asili nido, le residenze per gli anziani, la riqualificazione urbana e per lo sviluppo della rete metanifera.
Il Commento – INTERVENTO BERLUSCONI PROVVIDENZIALE PER STABILITA’ POLITICA
Per la serie ‘abbiamo scherzato’, il via libera del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica dipendente da palazzo Chigi) ai 4 miliardi e passa dei Fas (Fondi per le aree sottosviluppate) destinati alla Sicilia ha di fatto sgonfiato le pretese rivendicazioniste e le spinte centrifughe all’interno de Pdl verso la nascita di un partito del Sud. Del resto già ieri il presidente del Consiglio, nonché leader del Popolo della Libertà, Silvio Berlusconi, aveva messo una pietra tombale su qualsiasi velleità autonomista dei ‘ribelli’ pidiellini, definendo “l’ipotesi della nascita” di questo nuovo partito ancorato alle istanze meridionaliste “senza successo”, “inaccettabile” e “contrario al Pdl”. Così, dopo un mese abbondante di fughe in avanti, reprimende, ultimatum, ricuciture, oggi lo sblocco dei fondi indirizzati alla Sicilia ha ribaltato il ruolo degli attori in campo, come spesso riesce al Cavaliere quando si trova con le spalle al muro. Per Lombardo “il presunto nordismo del Governo è stato smentito dai fatti”. Secondo Miccichè “Berlusconi ha lavorato molto bene, è stato firmato il piano della pace”. Stefania Prestigiacomo ritiene che lo sblocco dei Fas sia “la conferma” che il governo dà risposte alle aspettative del Sud. Anche in quota ex An esulta Fabio Granata, uno dei ‘finiani’ che spingono per un Pdl Sicilia federato con Roma. Ma il gol messo a segno dal governo con la mossa dei Fas (comunque nulla di straordinario, considerato che sono tutti finanziamenti ampiamente previsti) non deve illudere che tutti i mal di pancia tra i paladini delle ragioni del Sud siano sopiti. Il governatore della Sicilia non ha perso tempo per ribadire che il partito del Sud “rimane una spada di Damocle..”. Per Micciche “se solo con la minaccia è stato raggiunto l’obiettivo, prima o poi lo faremo”, mentre un altro finiano doc Pippo Scalia ribadisce l’esigenza di “uno statuto speciale per il partito in Sicilia”.
Si capisce dunque che il braccio di ferro è solo rimandato, in attesa di capire dopo l’estate come effettivamente saranno gestiti questi fondi e se le parole del ministro Tremonti, ovvero che il governo “sta lavorando a un piano decennale” per il Mezzogiorno, avranno riscontro con la realtà dei fatti.
Ma le importanti decisioni prese oggi a vantaggio della Sicilia non devono distogliere l’attenzione dal problema politico che ha investito l’azione del governo e il processo organizzativo del Pdl, portando al varo di questi provvedimenti: la questione meridionale. Prima Lombardo e poi a ruota Miccichè ed altri ex An ed ex FI hanno portato alla ribalta l’ancestrale questione endemica del Sud: indietro su tutto, paga un pluridecennale gap strutturale ed economico dal Nord, costretto sempre ad inseguire per sopravvivere.
Negli ultimi anni mai si era arrivati così vicini allo strappo all’interno del centrodestra su questo tema. Può essere considerato un bene per noi siciliani, perché finalmente lo Stato ha affrontato di petto l’intera questione. Se però dovessimo ricercare delle cause le potremmo individuare nella sostanziale debolezza, ovviamente con le dovute proporzioni, in cui versano i due principali partiti: il Pd e il Pdl. Pur paradossale che sia, è così.
Non ha torto chi, a più riprese, ha derubricato la crisi di consenso e progettuale del Partito Democratico come un rischio per la tenuta del bipolarismo nel nostro Paese. L’attuale inconsistenza della principale forza di opposizione ha determinato una maggiore presa di coscienza dei partiti alleati al Pdl, Lega e Mpa che, non essendo ‘costretti’ dalla situazione politica ad appiattirsi sulle posizioni del loro ‘fratello maggiore’, non hanno esitato ad alzare sempre più l’asticella delle proprie rivendicazioni, forti della loro connotazione territoriale e quindi scevri dalla doverosa osservanza all’ortodossia istituzionale. E volenti o nolenti hanno mosso un attacco a tenaglia al Popolo della Libertà, che in questo caso si è rivelato impreparato nel dare una risposta adeguata, mostrando anzi una deficienza strategica e quindi una debolezza organizzativa.
La Sicilia in questo ha fatto da apripista. Il cortocircuito in cui si è trovato il centrodestra è partito proprio dalla Regione governata da Lombardo. Vittoria schiacciante del Pdl e dell’Mpa alle ultime regionali. Sinistra, riformista e radicale insieme, stracciata. Meno vistosa ma altrettanto netto il successo del centrodestra alle politiche. Numeri in Parlamento tali da far dormire sonni tranquilli. E invece sono nate e si sono alimentate diatribe interne, nella totale inesistenza del Pd, sia in Sicilia che a Roma. Dopo poco più di un anno Lombardo ha varato un nuovo governo, mettendo fuori dalla giunta l’Udc, e che ha portato inoltre il Pdl a un ripensamento degli equilibri interni nell’Isola. Il maggior potere contrattuale acquisito dall’Mpa ha fatto suonare più di un campanello d’allarme nei palazzi dei vertici romani del Pdl. La specularità con la Lega Nord cui gli autonomisti del Sud, insieme a Micciché, non hanno fatto mistero di puntare ha fatto presagire scenari destabilizzanti e incerti non solo per l’attuale Esecutivo, ma in estrema analisi per lo stesso sistema politico e istituzionale. E la crisi economica, che si prevede in autunno continuerà a produrre ‘scosse telluriche’ con strascichi anche sul piano sociale, potrebbe fare da sostrato a un irrigidimento delle posizioni delle forze autonomiste con conseguenze imprevedibili. Per questo è risultato più che mai provvidenziale l’intervento diretto di Berlusconi, che è riuscito – al momento – a disinnescare questa mina vagante che mancava poco perché esplodesse. I toni concilianti e rassicuranti della squadra dei ministri e del presidente del Consiglio dovrebbero rendere questa estate meno calda e scoppiettante. Ma la Sicilia è sempre stata un fuoco che arde, a volte ridotta a fiammella… ma sempre fuoco è!