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Quali sono i castelli della riviera jonica? Storia e aneddoti, da Taormina a Scaletta, passando per Roccalumera e Sant’Alessio

Nella Giornata nazionale dei Castelli, ripercorriamo la storia e il fascino dei castelli della riviera jonica messinese.

Dal castello di Taormina alla Torre di Roccalumera, dal castello di Sant’Alessio Siculo al Rufo Ruffo di Scaletta Zanclea, e ancora il Belvedere di Fiumedinisi, il Paestur di Savoca, il castello di Schisò di Giardini Naxos, quello di Forza d’Agrò e il Castel di Mola: ecco aneddoti e dettagli storici e geografici dei castelli (fonte sezione ‘Turismo e cultura’ del sito della Città metropolitana di Messina).

Il castello di Taormina

Il castello Arabo-Normanno di Taormina (detto anche castello di Monte Tauro o castello Saraceno) si trova sulla rocca del Monte Tauro, a 397 metri di quota. La posizione consente di vedere il versante ionico, delimitato a nord dallo Stretto di Messina, a sud dalla vallata del fiume Alcantara e dalle pendici dell’Etna, in lontananza dall’impianto urbano della città di Catania e ad ovest dal sistema montuoso dei Peloritani.
Questa sua posizione – si legge sul sito del Castello di Taormina – lo connota, insieme al Teatro Antico, come una delle acropoli che fin dai tempi remoti costituivano punti strategici di controllo delle vie di passaggio da Catania a Messina.


Durante l’epoca greca e romana, la città di Taurmenion aveva due acropoli. La prima era la rocca del Tauro, che fungeva da acropoli per la città. La seconda acropoli era chiamata Castello di Mola e si trovava ad un livello superiore rispetto alla rocca del Tauro. Le due acropoli, con i rispettivi nuclei abitati e fortificazioni, erano distinti rispettivamente in “castrum superius” e “castrum inferior”. La prima costruzione fortificata risale verosimilmente all’età bizantina, rappresentando a lungo uno degli avamposti di difesa nella guerra contro gli arabi.

Dall’agosto del 908 al 969 Taormina fu sottoposta a tre invasioni saracene che assoggettarono la cittadina ad un terrificante assedio. L’ultima invasione da parte dei saraceni, che si svolse dal 964 al 969, si concluse con l’ennesima capitolazione ed il territorio dell’isola fu suddiviso in cinque unità amministrative governate da altrettanti principi insediati nelle città di: Taormina, Palermo, Messina, Siracusa e Trapani. La liberazione di Taormina dalla tirannide saracena avvenne per opera del gran conte Ruggero.

Essendo infatti una caratteristica della rocca l’inespugnabilità, i normanni quando nel 1079 assediarono il castello, che era sotto il dominio dei saraceni, adattarono la strategia del conte Ruggero tagliando ogni rifornimento, bloccando gli accessi via mare, con la chiusura del porto, e facendo edificare intorno alla città ventidue torri di legno, costringendo il nemico alla resa.

Nel 1134 l’abitato fu sottoposto al monastero di San Salvatore della Placa presso Francavilla di Sicilia. Mentre durante il dominio di Federico II di Svevia, chiamato “Stupor Mundi” per le sue qualità intellettuali, politiche e militari, la fortezza fu affidata ad un nobile castellano. Nel XV secolo sono documentati restauri e modifiche alle mura della fortezza.
Durante l’epoca aragonese, la castellania venne affidata, in ordine cronologico, alla famiglia Asmundo (sotto la casa d’Aragona), a Bernardo Orioles (al tempo di Pietro II d’Aragona), a Riccardo Marchese (sotto il regno di Ludovico di Sicilia e Federico IV d’Aragona), e a Federico Spadafora, il quale ricevette l’affidamento della castellania e la carica di governatore.

Nel 1435 venne poi nominato capitano Pietro Candiani, sotto il regno di Alfonso V d’Aragona, seguito, in epoca spagnola, da Girolamo Campolo, Antonio Balsamo e da Giacomo Balsamo che assunse nel 1547 la carica di vicario generale di Taormina.
Nello stesso periodo, avvenne la rivalorizzazione del sito con la costruzione di un luogo di culto dedicato alla Madonna della Rocca. Fondata dall’Abate Francesco Raineri con l’aiuto dell’arcivescovo di Messina Geronimo Venero. La chiesetta di S. Maria della Rocca fu costruita sfruttando la conformazione a grotta della roccia lì esistente, tanto che parte del suo soffitto è costituito dalla roccia viva, pietra di Taormina.

Al castello si arriva attraverso una scalinata intagliata nella roccia, che partendo dalla suggestiva chiesetta della Madonna della Rocca, attraversa un avancorpo presidiato da camminamenti di ronda prima di raggiungere la porta. Il maniero ha forma trapezoidale ed è dotato di una torre, che era adibita a postazione di vedetta. I muri esterni si sono conservati per un’altezza di oltre quattro metri, mentre quelli interni sono quasi tutti crollati. All’interno tra l’altro rimangono anche una cisterna, per la raccolta dell’acqua piovana, un corridoio sotterraneo, per il deposito di vettovaglie ed armi, ed una scalinata con struttura a ventaglio che portava al mastio.

Castello di Schisò (Giardini Naxos)

Il castello di Schisò si erge su una formazione lavica preistorica affacciata sul lungomare di Giardini Naxos. Il suo nome deriva dall’arabo Al Qusus, riferito alle formazioni vulcaniche su cui poggia. Costruito tra il XIII e il XIV secolo, conserva ancora due delle quattro torri originarie. All’interno ingloba una chiesetta dedicata a San Pantaleone, parte del monastero di Santa Maria di Gala dei monaci basiliani. Ricostruito nel XVI secolo, fu dotato di una torre di avvistamento su capo Schisò e ospitò un impianto per la lavorazione della canna da zucchero. Nel XIX secolo vennero aggiunti balconi sulla facciata vista mare. Oggi il castello è parte del Parco Archeologico Naxos Taormina ed è in fase di restauro.

Torre di Roccalumera

Costruita tra il XIV e il XV secolo, la Torre di Roccalumera aveva il compito di sorvegliare l’ingresso meridionale del borgo e di proteggere la costa fino a capo Grosso (Alì) e capo Sant’Alessio. In origine era affiancata da una porta monumentale, abbattuta nel XVII secolo per ampliare la viabilità. Di forma cilindrica, la torre conserva ancora porzioni di intonaco originale ed è caratterizzata da una finestra ad arco a sesto ribassato in pietra calcarea e pomice nera. Oggi ospita il Parco Letterario “Salvatore Quasimodo”.

Castello di Sant’Alessio Siculo

Situato sul promontorio di capo Sant’Alessio, il castello fu costruito dall’imperatore bizantino Alessio I (1048-1118) e passò successivamente agli arabi e ai normanni, che ne modificarono la struttura. La fortezza si compone di due torrioni, uno rettangolare e uno circolare, collegati da una cinta muraria.

Nel 1676, durante le guerre tra spagnoli e francesi, divenne un deposito di viveri per Messina. Restaurato dagli inglesi nell’Ottocento, il castello venne fortificato con nuove mura difensive. Oggi è chiuso al pubblico, ma il panorama offerto dalla rocca a picco sul mare resta uno dei più suggestivi della Sicilia.

Castello Belvedere di Fiumedinisi

A 750 metri sul livello del mare, il castello Belvedere domina la Valle del Nisi. Costruito nel IX secolo dai saraceni, aveva una posizione strategica che permetteva il controllo visivo dei castelli di Scaletta Zanclea e Sant’Alessio Siculo. Dell’antica struttura pentagonale restano i ruderi delle mura perimetrali, il mastio e una cisterna. I normanni lo trasformarono in residenza signorile, e nel 1900 fu donato al comune di Fiumedinisi dal duca Giovanni Antonio Colonna Romano Sonnino. Restaurato nel 2007, conserva ancora tracce di camminamenti e feritoie difensive.

Castello Pentefur di Savoca

Posto sulla sommità di un colle che sovrasta il borgo medievale di Savoca, il castello Pentefur ha un impianto irregolare con una cinta muraria e un mastio quadrangolare. Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce pavimentazioni originali e ambienti interni. Della fortificazione restano porzioni di mura con finestre, merlature e feritoie, oltre ai ruderi del mastio. Costruito in pietra locale e malta di calce, il castello cadde in rovina alla fine del ‘700, ma ancora oggi sono visibili significativi tratti delle sue fortificazioni.

Castello Rufo Ruffo di Scaletta Zanclea

Voluto da Federico II di Svevia nel 1220, il castello Rufo Ruffo si erge in posizione strategica per il controllo dello Stretto di Messina. La sua imponente struttura trapezoidale è dominata da un dongione con due eleganti bifore sul lato sud. Nel 1969 i discendenti della famiglia Rufo Ruffo lo donarono al comune di Scaletta Zanclea, che lo restaurò con il supporto della sovrintendenza ai Beni Culturali. Oggi ospita un museo con documenti storici, collezioni di medaglie, armi, armature e trofei di caccia. Il castello è aperto ai visitatori tutto l’anno.

Castello di Forza d’Agrò

Costruito dai normanni nell’XI secolo, il castello di Forza d’Agrò si trova a 400 metri d’altitudine, in posizione dominante sulla valle. Presenta due torri (di terra e di mare) ed è accessibile tramite una scalinata in pietra. Il portale d’ingresso è sormontato da un ballatoio e all’interno si trovano feritoie, alloggiamenti militari e i resti della chiesa del Crocifisso con la sua torre campanaria. Nel 1595 fu restaurato dai giurati del paese, e nel 1876, ormai privo di funzione difensiva, venne adibito a cimitero comunale.

Castello di Castelmola

Posto su un’altura con vista mozzafiato sulla costa ionica, il castello di Castelmola nacque come fortificazione romana e venne ampliato dai Bizantini, come testimonia un’iscrizione marmorea dedicata a Costantino Caramelo. Ruggero I di Sicilia lo trasformò in un castello fortificato, aggiungendo poderose mura di cinta. Sull’arco d’ingresso si trova l’emblema del borgo con la scritta “Castello fedele a sua Maestà – anno 1578”, in onore di Filippo II di Spagna. Oggi rimangono solo le rovine, ma il panorama che si gode dal sito è straordinario.

(Marta Galano)

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