Il congresso del Partito Democratico in Sicilia si apre in un clima teso e frammentato, con un solo candidato in corsa e un fronte interno diviso e polemico. Anthony Barbagallo, segretario uscente e figura vicina all’area Schlein, è l’unico nome in campo dopo la chiusura ufficiale dei termini per la presentazione delle candidature. Ma la sua corsa rischia di essere segnata dall’assenza di una larga parte del partito, che denuncia irregolarità e chiede un congresso realmente aperto e partecipato.
A scatenare la rottura è stata l’assemblea regionale dello scorso gennaio, considerata illegittima dai dissidenti per presunte irregolarità nella votazione telematica. Tra le accuse: la presenza nell’elenco dei votanti di persone defunte, identità fittizie come “il merlo” o “il gatto nero” e partecipanti online senza diritto di voto. “È molto più semplice fare un Papa con il conclave che eleggere un segretario del Pd in Sicilia”, ha ironizzato Michele Catanzaro, capogruppo del Pd all’Ars, tra i volti più critici della linea attuale.
Il commissario ad acta Nico Stumpo, nominato dopo quell’assemblea dalla direzione nazionale, ha provato a gettare acqua sul fuoco: “Non ho partecipato a quella seduta, ma la direzione ha ritenuto valida l’assemblea. Al momento non risultano ricorsi formali presentati”. E rilancia: “Il mio augurio è che il congresso si svolga nel migliore dei modi e che si lavori per un progetto vero per la Sicilia e per il rilancio del partito”.
Ma le rassicurazioni non bastano a calmare gli animi. Per i contestatori, la validità stessa del percorso congressuale è compromessa. “Senza trasparenza e senza un regolamento condiviso, Barbagallo rischia di essere il segretario di sé stesso”, attacca ancora Catanzaro. E il deputato regionale Fabio Venezia rincara: “Se si vogliono cancellare le primarie dallo statuto, almeno si abbia il coraggio di convocare un’assemblea vera, in presenza, e verificare se esiste davvero una maggioranza”.
Così arriva la presa di posizione dello stesso Barbagallo: “Non voglio alimentare ulteriori
polemiche, ma sono irricevibili le accuse di brogli. Nessun defunto ha votato all’assemblea del 27 gennaio. Siamo un partito, abbiamo regole chiare e ci sono organi di garanzia a
cui rivolgersi. Ma le accuse infamanti fanno male al partito e a chi crede nel Pd. Tra i diritti degli iscritti c’è – aggiunge – sicuramente quello di proporre legittimamente ricorso agli organismi di garanzia, preposti al controllo e alla tutela di tutte le procedure, che potranno appurare i fatti, certamente confermando che non hanno votato persone defunte. Se ricorsi e contestazioni ci saranno, si verificherà la regolarità del percorso nelle sedi
opportune”. “Tutti hanno il diritto di chiedere piena trasparenza – prosegue Barbagallo – ma se si utilizza l’equivoco dell’omonimia, come già fatto nel caso del malcapitato maestro d’orchestra confuso con un componente della provincia di Trapani o si strumentalizza un compagno storico come Gaetano Merlo, si continua soltanto a generare fango e a fare male al partito. Infine, ricordo che – conclude Barbagallo – il numero dei votanti è stato certificato attraverso il riscontro anagrafico degli aventi diritto al voto”.
In attesa dell’avvio delle votazioni nei circoli – previsto tra il 15 e il 30 maggio in sei province siciliane – il Pd regionale si presenta dunque spaccato, con una base militante disorientata e una leadership sotto accusa. Mentre Barbagallo promette inclusione e dialogo, il rischio è che il congresso si trasformi in una celebrazione solitaria, in assenza di un vero confronto democratico.