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sabato, Luglio 27, 2024
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Aggressione a Gianluca Trimarchi: confermata in appello la sentenza a Francesco Saporito. Intervista alla sorella Gabriella

La Corte di Appello ha confermato in pieno la sentenza di primo grado che il tribunale di Messina aveva inflitto a Francesco Saporito, l’aggressore del roccalumerese Gianluca Trimarchi ridotto in fin di vita nella notte del 23 luglio scorso. Nel rito abbreviato i giudici avevano riconosciuto a Saporito la colpevolezza del reato di lesioni personali gravissime, aggravate dei motivi abbietti e futili, mentre era stata rigettato il reato di tentato omicidio chiesto dal pubblico.

“Si è concluso oggi – dichiara la sorella – Gabriella, con la sentenza in appello, il secondo grado di giudizio relativo all’infame aggressione subita da mio fratello. Continuo a chiedere la certezza della pena, anche se ritengo che debba necessariamente spiegare l’amarezza che ci ha lasciato un episodio che nessuna sentenza potrà mai del tutto alleviare.

Amarezza dovuta anche a comportamenti assunti da chi è stato responsabile di un anno indescrivibile, pieno di dolore e sofferenze, per tutti noi, e per Gianluca soprattutto.

Ritengo, infatti, alquanto vergognosa e veramente deplorevole la scelta dell’altra parte di aver improntato la propria difesa sulla tanto meschina quanto pretestuosa giustificazione della “legittima difesa”.

Di cosa, non ci è dato sapere, visto che per difendersi bisogna eventualmente essere stati prima aggrediti e, voglio ricordare qui che la parte lesa è mio fratello, che si è preso un pugno in pieno volto, completamente inaspettato e ingiustificato e che ha rischiato di morire prima, che ha affrontato complicazioni di vario tipo poi, e degenze ospedaliere lunghissime, oltre che interventi chirurgici e che ad oggi necessita ancora di cure riabilitative specialistiche. L’altro, voglio sottolineare, “quello che si sarebbe difeso” non ha riportato neppure un graffio, anzi si è preoccupato di scagionarsi mentendo spudoratamente, dopo aver lasciato sull’asfalto una persona priva di sensi, che avrebbe potuto anche essere morta.

Purtroppo, ancora una volta, sono stata costretta ad assistere, in aula, ad un imbarazzante, quanto vergognoso tentativo di “minimizzare” sui fatti accaduti e addirittura di enfatizzare ad hoc e giustificare certi atteggiamenti imprescindibilmente condannabili dell’aggressore, il quale inoltre ha già scontato il primo anno di “pena” tra le confortevoli mura della propria abitazione!

La parola che caratterizza questo secondo iter legale, è per me “dignità”, quel valore che rende un uomo tale nel suo genere, rendendolo diverso dalle bestie, e responsabile delle proprie azioni.

Ce ne vuole tanta di dignità, credetemi, per affrontare simili situazioni, da vittima di violenza brutale, dovendo oltretutto, non solo subire i gravi danni arrecati, ma anche sentire che per un episodio talmente abominevole si tenti in ogni modo di trovare attenuanti e giustificazioni! Ci vorrebbe tanta dignità poi, a chiedere scusa e scontare il proprio debito con la giustizia.

Probabilmente, però, aspettarsi ciò, da persona civile quale sono, sarebbe aspettarsi stato troppo da un soggetto che non ha mai mostrato, se non fintamente davanti ad una telecamera, di essere pentito di quanto fatto, recidivo, quindi pericoloso per la società, che ha mostrato non solo di non aver avuto neppure un briciolo di dignità né di compassione, continuando a non avere rispetto né per Gianluca, né per la sua famiglia, ma che ha scelto di continuare fino alla fine sulla stessa linea falsa e menzognera.

Ora ribadisco, voglio solo la certezza della pena, e desidero che mio fratello non pensi a quanto accaduto e possa riprendere la sua vita da dove è stata interrotta.

Ringrazio a nome di Gianluca e di tutta la famiglia i nostri legali Giuseppe Zanghí e Vittorio di Pietro per l’egregia assistenza legale ed il supporto umano offerto sin da subito”.

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