E’ da quando hanno iniziato l’attività che conosco il centro di volontariato del Picchio e ancor prima la associazione Penelope.
Un centro che a S. Teresa di Riva e nel territorio ha svolto una funzione molto importante a livello sociale spesso sostituendosi in modo competente, appassionato ed entusiasta alle istituzioni pubbliche per intervenire e aiutare persone in difficoltà, minori svantaggiati, emarginati, famiglie senza casa, adulti sbandati senza lavoro, malati fisicamente e psicologicamente, immigrati disoccupati; sono stati presenti per risolvere casi “ solo casi per alcuni” o meglio “ problemi” cercando di affrontare le loro situazioni con quella solidarietà e umanità a cui ci richiama oggi continuamente papa Francesco. Ma questo centro non è stato presente solo nel nostro paese, ma anche nei paesi del comprensorio. Io li ho conosciuti per i tanti progetti preparati insieme quando ero dirigente scolastica nel comune di Furci S. Ho sempre apprezzato la filosofia, la visione, la politica dei servizi sociali che erano alla base del loro lavoro di volontari, ho condiviso le loro finalità, i loro obiettivi, l’impegno umano nel trattare le persone con i loro sentimenti, le loro esigenze, i loro bisogni, i loro errori nel rispetto della dignità di ognuno. Non ho mai visto da parte loro una reazione negativa di disprezzo o di giudizio esasperato neanche in situazioni di degrado considerate disperate costruendo sempre le condizioni perché le potenzialità presenti in ognuno venissero maieuticamente tirate fuori e perché la speranza tornasse a far risplendere i volti di chi ha avuto solo calci dalla vita. Questi atteggiamenti spesso non li ho riscontrati in chi doveva esercitare le stesse funzioni nelle istituzioni.
Ho partecipato a tanti convegni organizzati da loro e a corsi di formazione che sono stati occasioni di dibattito, di apprendimento, di crescita umana e civile.
Ho progettato con loro per il bene di tanti alunni e famiglie che hanno trovato risposte impensabili allora. Progettazioni che in genere sono andati in porto, novità per quei tempi, valide e dirompenti per la loro qualità e che mostravano un interesse alla persona che era commovente.
Progetti pionieri che hanno fatto scuola e che poi sono stati imitati dagli altri e che rivelano l’acquisizione di una capacità di progettazione, di pianificazione e di conoscenza del territorio e dei suoi bisogni veramente notevole.
Mi sono rivolta a loro tante volte per vari casi trascurati da tutti e sempre ho trovato disponibilità, serietà e volontà di affrontare le questioni in modo organico e sistematico.
Conosco ragazzi e ragazze ora adulti che nel centro hanno acquisito competenze sociali, cognitive e umane e che oggi sono realizzati perché sono stati aiutati e orientati nello studio e che mantengono la fiducia nella vita grazie al lavoro che hanno trovato, nonostante le condizioni ostacolanti in partenza. Mi viene in testa l’art. 3 della Costituzione che parla di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale, economico, culturale che blocca lo sviluppo di alcuni per avere inserimento e integrazione opportuni nella società. Povera Costituzione bella e dimenticata!
Ritrovo nel progetto che è stato finanziato dalla regione la mentalità dei volontari del centro di organizzare servizi sociali al di là dell’ordinaria amministrazione, che promuovono potenzialità, saperi, passioni, motivazioni che danno vitalità ai giovani soprattutto per chi non può permettersi il meglio intervenendo anche sulle politiche giovanili; servizi che accolgono chi è stato vittima di violenze, che trovano non solo un tetto ma anche umanità. Spesso il recupero della persona avviene perché è destinatario di un investimento di risorse per lui o lei, può scattare la responsabilità e la voglia di scommettersi perché qualcuno ha creduto in te e ti ha dato un’occasione. Diceva Danilo Dolci “ Bisogna sognare gli altri come potrebbero diventare”
Sono progetti che mettono insieme visioni, sogni, realtà, interessi di donne, di giovani, di bambini con problematiche varie che purtroppo non vengono capiti da chi ha avuto la possibilità di studiare, giocare, vivere facilmente, ma che sicuramente non possono essere capiti dai politici di oggi descritti magistralmente dal vescovo Galantino nella relazione che doveva presentare alla conferenza su De Gaspari che ha disertato.
Nessuna associazione della zona ha pensato un progetto simile, partecipando al bando regionale e con l’intenzione di valorizzare strutture pubbliche abbandonate, vecchie e obsolete di S. Teresa di Riva, l’ha fatto l’associazione Penelope chiedendo la partecipazione come partner del comune. E’ un progetto di quelli che si facevano a scuola che, ottenendo la partecipazione di altri partner, acquista maggiore punteggio e qualità, perché la cooperazione, la collaborazione rappresentano un valore in più.
L’idea è dell’associazione e l’amministrazione pro tempore ha scelto intelligentemente di sostenerla. C’è una continuità e credibilità amministrativa che va mantenuta chiunque sia al governo della città.
E’ piuttosto negativa l’immagine di chi non sta ai patti e non rispetta gli accordi, di chi cambia all’improvviso le carte in tavola; di chi vuole appropriarsi di un progetto e vuole snaturarlo togliendo qualità anche se pensa di aggiungere servizi in un’ottica di profitto.
Infatti, purtroppo, è questa la filosofia che sottende la gestione dei servizi sociali attualmente a scapito delle persone che vivono ai margini della società, senza un progetto coerente che possa dare attenzione e cura a chi ha bisogno.
Questo settore è molto delicato e sono necessarie le risorse finanziarie e questi tipi di progetti; non è possibile rimangiarsi la parola; si deve perdere il finanziamento? Sarebbe veramente un’assurdità.
Mi chiedo perché le cose belle , utili che escono dalla solita routine devono essere ostacolate?
Perché la gratuità, il volontariato, l’intelligenza, l’impegno di gente che ha lavorato così proficuamente per i cittadini di S. Teresa di Riva in particolare per gli ultimi devono essere colpiti?
Perché, invece, non si procede all’apertura del centro e attivare questo bel progetto? Perché non ritrovarci con l’associazione, l’amministrazione comunale, i cittadini e giocare insieme con i destinatari, bambini, giovani e donne facendo una grande festa, dove ognuno fa quello che è previsto che faccia?
Annabella Sgroi