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lunedì, Aprile 28, 2025
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Scompariranno i piccoli comuni? Lettera del sindaco di Mandanici (che intende ospitare quanti si recheranno nel centro collinare)

 

 

            Gentile Direttore,

con la presente vorrei commentare un Suo recente articolo che ha per oggetto “Presto scompariranno i piccoli comuni. L’eventuale riforma metterebbe a rischio 5600 sindaci“.

            Le scrivo, assicurando anzitempo i suoi lettori, non per difendere una poltrona ma per chiarire alcuni aspetti importanti relativamente alla eventuale “chiusura di tanti piccoli Comuni”. Non rivestendo per professione la figura di Sindaco ma solo per passione e amore per il mio piccolo paese, Le assicuro che le tante paventate riforme proposte sulla pelle dei piccoli Comuni non farebbero altro far aumentare le spese oltre che a vedere spezzati i sogni e le certezze di migliaia di persone che hanno scelto, per se e per la propria famiglia, i piccoli centri alla ricerca di una migliore qualità della vita grazie a una maggiore sicurezza sociale, alla buona alimentazione, a un ambiente più sano, alla semplicità nel costruire rapporti personali più duraturi, etc.

            Voglio fare mio un recentissimo comunicato stampa dell’ASMEL – Associazione per la sussidiarietà e la modernizzazione degli Enti Locali (quindi sicuramente non gli ultimi arrivati della materia), che rispondendo al dott. Fassino (presidente ANCI e Sindaco di Torino), chiarisce e fornisce dei dati interessanti che dovrebbero far riflettere sia i tanti nostri politici (molto confusi direi sulla questione) che la numerosa opinione pubblica che per frase fatta è convinta che è meglio stare in città o raggruppati tutti insieme e amministrati solo da pochi “eletti” perché così si riducono gli sprechi. Gli sprechi sono altrove, non nei piccoli centri, magari sarebbe opportuno andare a cercare gli sprechi veri ad esempio quelli impressionanti delle Regioni organi intermedi quasi inutili, o di Enti e/o Consorzi vari nati solo per scopi clientelari.

            Concludo allegandoLe il comunicato predetto e colgo l’occasione per ringraziarLa per lo spazio concessomi e per quanto fa, giornalmente, per il nostro territorio. Rimanendo sempre pronto a soddisfare ogni richiesta e domanda in merito, anche dei suoi lettori, magari ospitandoli, con enorme piacere, nel mio piccolo centro perché possano rendersi conto dell’efficienza e soprattutto dell’attenzione per i conti e per le famiglie  che le piccole amministrazioni mettono in atto giornalmente.

Cordialmente,

 

                                                            Armando Carpo

                                                        Sindaco di Mandanici

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 C O M U N I C A T O  S T A M P A  A S M E L

I Sindaci protestano contro l’accorpamento coatto dei piccoli comuni,  un  provvedimento varato nel 2010 e che non riesce a trovare attuazione, malgrado tutti i partiti, M5S compreso, abbiano sempre manifestato pieno sostegno. In prima fila a favore dell’accorpamento, si è sempre mossa l’ANCI, la cui sigla sta per Associazione Nazionale dei Comuni Italiani. Il suo Presidente, Fassino, la settimana scorsa si è spinto a dichiarare:

“Partirà all’inizio del prossimo anno, a livello nazionale, una campagna per creare unioni o fusioni di Comuni italiani.”

“Per le prossime elezioni nazionali del 2019, a mio avviso, sarebbe giusto scendere dagli 8.000 Comuni italiani a 2.500 azzerando i Comuni con meno di 15.000 abitanti”. Per fare un esempio, Fassino ha parlato della città metropolitana di Torino che in un primo momento conterà 315 Comuni “nella speranza che presto si arrivi a 80. Gestire 80 Comuni – ha osservato – è ben altra cosa da gestirne 315”.

15.000 abitanti rappresenta un limite demografico molto più alto di quello individuato dalla norma attualmente in vigore che fissa l’obbligo dell’accorpamento al di sotto dei 3.000 abitanti per i comuni montani ed al di sotto dei 5.000 per gli altri. Evidentemente, Fassino si propone di “scavalcare a sinistra” Governo e Parlamento, per lanciare la propria campagna di avvicinamento al Quirinale. Ma ciò che lascia esterrefatti è il linguaggio. Sostiene che è meglio gestire 80 Comuni piuttosto che 315, come se si riferisse ad Uffici o sedi periferiche del capoluogo. Eppoi, non si sentiva parlare di campagne di questo genere da qualche decennio.

Qualcuno deve pur spiegare a Piero Franco Rodolfo Fassino che l’impero sovietico è crollato da 25 anni anche a causa del fallimento di questo tipo di campagne. E che anzi la campagna da lui proposta causerebbe un danno alle casse dello Stato. Nessuno dice, infatti, che al crescere del numero degli abitanti crescono le spese e non diminuiscono come documentato nel Report ISTAT allegato (pag. 8). Nei piccoli Comuni funziona da calmiere il “controllo sociale”, tanto più efficace quanto minore è la dimensione demografica ed inoltre i piccoli Municipi si avvalgono di amministratori locali attivissimi e ed a costo vicino allo zero. Più cresce la dimensione demografica più si attenua il controllo sociale e si accrescono le rigidità delle procedure e degli istituti contrattuali. I dati elaborati dall’Ufficio Studi Asmel indicano che nei Comuni al di sotto di 15.000 abitanti, dove vive circa il 40% della popolazione italiana, le spese correnti dei Comuni ammontano a 774 euro per abitante. In quelli con più di 15.000 abitanti, le spese salgono a 995 euro per

abitante. Applicando quest’ultimo parametro ai 22.703.985 cittadini che attualmente vivono nei Comuni che Fassino vorrebbe azzerare si determinerebbe un incremento di spese pari a 5 miliardi di euro (v.allegato). Se poi volessimo applicare i parametri dei Capoluoghi ai Comuni destinati ad essere riuniti nelle 14 Città metropolitane, si determinerebbe un danno erariale pari a 18 miliardi di euro. Si tratta ovviamente di mero esercizio teorico ma che la dice lunga su dove si annidano i costi maggiore. Invece di accorpare i piccoli meglio attuare un vero decentramento nei grandi con poteri reali alle sezioni municipali.

Riguardo alle gestioni associate nei piccoli, esse non decollano perché la legge che vorrebbe imporle è scritta e concepita male. I piccoli hanno tutto l’interesse a mettersi in rete per accorpare i servizi ma non le funzioni, come pretenderebbe la norma che vorrebbe espropriare gli Amministratori delle responsabilità per cui essi vengono eletti. Ad esempio, la funzione tributaria implica che l’Amministrazione, definisca aliquote, maggiorazioni ed esenzioni per i diversi tributi comunali. Ma ciò che va bene per Positano, Comune turistico e ricco, non necessariamente va bene per il Comune limitrofo con cui dovrebbe accorparsi o addirittura fondersi. Molto più utile, ai fini del risparmio, è la gestione in forma associata dei servizi lasciando le funzioni nella potestà degli amministratori che si vedrebbero anzi avvantaggiati nel loro lavoro essendo spesso costretti a fare i conti con le scarse risorse umane e materiali disponibili. La gran parte dei servizi possono essere svolti in rete cooperando con altri Comuni attraverso gli “appositi accordi consortili” già introdotti per la gestione associata degli appalti. I servizi legati al territorio (trasporti, rifiuti, idrico ecc) poi, hanno ambiti territoriali diversi, spesso definiti ed imposti dalle Regioni. È impensabile ricondurli ad uno stesso ambito territoriale come previsto dalla magnifica campagna proposta da Fassino. Più prosaicamente, sarebbero sufficienti poche modifiche alla norma, magari scritte con il contributo degli addetti ai lavori, per superare lo stallo attuale generato proprio da quanti come Fassino propugnano come “soluzione finale”, per l’azzeramento dei comuni, le unioni e le fusioni. Semplicemente non conoscono la complessità e la vivacità della miriade di realtà comunali che rappresentano una ricchezza e una opportunità per il Paese. Non un problema.

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