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lunedì, Aprile 28, 2025
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Un Ecomuseo per l’Unione dei Comuni 

 

La recente legge regionale 2 luglio 2014 n. 16, dal titolo “Istituzione degli ecomusei della Sicilia”, apre nuovi spazi di opportunità, sia in ambito di valorizzazione culturale ed economica delle risorse di un territorio, sia come valida alternativa al tradizionale modello di “sviluppo turistico”, incentrato in prevalenza sul settore balneare (e quindi stagionale) e sulle note mete del turismo siciliano. La nuova legge siciliana, sottolinea di «attivare e rendere direttamente partecipi le comunità, le istituzioni culturali e scolastiche e le associazioni locali ai processi di valorizzazione, ricerca, fruizione attiva e promozione del patrimonio culturale-materiale, immateriale-sociale e ambientale della regione, compresi i saperi tramandati e le tradizioni» (art. 2, com. 2). Cosicché i cittadini hanno il diritto-dovere di acquisire consapevolezza del ruolo di custodi e d’interpreti del patrimonio culturale e di trasmetterlo alle future generazioni. Se gli abitanti sono i primi attori dell’ecomuseo, diversi sono i possibili fruitori: si riconoscono oltre alla popolazione locale, i diretti discendenti che sono stati costretti o hanno scelto di vivere altrove rispetto alla comunità d’origine, ma che continuano a rappresentare una risorsa potenziale per essa; i visitatori esterni, portatori di risorse economiche ma anche culturali, con le quali la comunità si confronta; i ricercatori e gli studiosi che portano conoscenze, competenze tecniche e metodi di lavoro innovativi. La condivisione di un vasto patrimonio diffuso sul territorio, assume pertanto significati educativi e di co-produzione per la cittadinanza attiva. Poiché l’ecomuseo rappresenta un’opportunità di rilancio e di crescita civica, culturale ed economica per le comunità di un territorio, ci si chiede se non è il caso che un ente pubblico territoriale come l’Unione dei Comuni delle Valli Joniche dei Peloritani, si faccia promotore per favorire e sostenere l’istituzione di un ecomuseo nella sua area di competenza.  Si tratterebbe di una svolta per le politiche comprensoriali dell’Unione dei Comuni. Sebbene persegua tra gli obiettivi dichiarati «di promuovere lo sviluppo socio-economico dei territori dei Comuni, nel rispetto e nella salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini», e di «valorizzare il patrimonio storico-artistico e le tradizioni etno-antropologiche e culturali del territorio dei Comuni che la costituiscono», di fatto l’Unione dei Comuni, a dieci anni dalla fondazione, in crisi d’identità oltre che di credibilità, non è riuscita a centrare nessuno dei traguardi che si è posta. Essa ha creato, delegato (e relegato paradossalmente ai margini) un organo ad hoc, denominato “Osservatorio Permanente dei Beni Culturali”, con il compito di «coordinare gli interventi idonei a promuovere la conoscenza e la ricerca del patrimonio culturale del territorio». L’Osservatorio se pur ha cercato, attraverso delle lodevoli e interessanti iniziative (come, ad esempio, “Laureando il territorio”), d’incidere in una realtà asfittica e distaccata, ha bisogno di un maggior sostegno (scientifico e finanziario) e di una riorganizzazione più aderente alle esigenze di un vasto e articolato territorio. Anche per questo motivo, elaborare un progetto ecomuseale da definire tramite il coinvolgimento e la partecipazione attiva e propositiva dei cittadini, delle istituzioni culturali e scolastiche e delle associazioni e delle imprese locali, rappresenterebbe un mettersi in gioco e un’assunzione di responsabilità da parti di tutti i soggetti coinvolti, necessari sia alla crescita personale che delle stesse comunità. Questo tema merita senz’altro approfondimenti e nuovi spunti di riflessione e di discussione, ma saprà l’Unione dei Comuni e il suo Osservatorio cogliere l’occasione, nel promuovere e coordinare un progetto tanto ambizioso quanto impegnativo?   

    

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