Gallodoro – Le evidenti manomissioni e lo stato di degrado in cui versa da anni il centro urbano di Gallodoro, hanno suscitato di recente, in sede locale, un dibattito tale da richiamare l’attenzione dell’Amministrazione e del Consiglio Comunale. Come organo competente in materia urbanistica, il civico consesso ha deciso di intervenire in tempi brevi, proponendo di apportare delle sostanziali modifiche al vecchio e oramai inadeguato Programma di Fabbricazione (P. di F.), in attesa della redazione di un nuovo Piano Regolatore Generale (P.R.G.). In particolare si lavora, con l’Ufficio Tecnico Comunale, per la modifica dell’articolo 41 del P. di F. che, con la soppressione del contenuto originario, ha per oggetto l’ampliamento delle zone “A” (Centro Storico). Cui si aggiunge l’articolo 41/bis, inerente a un nuovo sistema di norme d’intervento per il recupero e la valorizzazione degli edifici pubblici e privati ricadenti nella rinnovata delimitazione del Centro Storico. A quasi vent’anni dalla mancata adozione del P.R.G., è necessario pertanto un significativo aggiornamento e adeguamento del piano urbanistico, in funzione sia di una pertinente riqualificazione, sia per soddisfare un’esigenza di conservazione e di valorizzazione del Centro Storico più consapevole e di maggior spessore culturale rispetto al Programma di Fabbricazione, redatto nel 1979 e approvato dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente il 1 luglio 1981. Poiché non è sufficiente per il recupero del Centro Storico, né il desiderio di una ristretta elite di persone né la mera volontà politica, l’imposizione dall’alto alla cittadinanza di rigide norme asettiche, valide per ogni situazione, occorre partire dalla conoscenza e dalla consapevolezza del valore storico e documentale del paesaggio urbano. A tal fine si è pensato di allegare alla riforma urbanistica una Breve storia urbana di Gallodoro, il cui scopo è di far conoscere a grandi linee la genesi e lo sviluppo fino ai nostri giorni, attraverso le coordinate spazio-temporali, non solo dell’insediamento abitativo del paese, ma anche l’uso che le genti facevano in passato delle risorse naturali che offriva il territorio per la realizzazione dei loro manufatti architettonici. Infatti, la scarsa conoscenza degli aspetti identificativi e delle specificità costruttive del patrimonio edilizio locale ha spesso consentito l’esecuzione di deturpazioni non certo ispirate dalla volontà di imbruttire il paese. Da questo punto di vista la ricerca storica svolge un ruolo significativo: per decidere cosa conservare e valorizzare bisogna in primo luogo conoscere il patrimonio immobiliare presente, il quale costituisce un insieme di segni storici rilevabili su uno spazio antropizzato. Dal che ne consegue che l’individuazione sul territorio di emergenze architettoniche da sottoporre a forme di tutela, non può prescindere da un’analisi storica preventiva. Tra i motivi che giustificano la difesa del Centro Storico è che esso rappresenta, attraverso le sue forme architettoniche sia di pregio che non, la “memoria” di una data comunità. Alterare o sfigurare il volto urbano di quest’ultima, significa eliminare un importante collegamento tra presente e passato, far venir meno quel valore identitario e civico che è elemento indispensabile di ogni autentica comunità, e così accentuare dal punto di vista sociale quei fenomeni di alienazione, sradicamento, disgregazione che caratterizza la società dei nostri tempi. Le esigenze di tutela necessarie per il recupero del Centro Storico, espresse nel nuovo sistema di norme d’intervento, non devono essere recepite dai cittadini come un insieme di “regole conservative” il cui unico fine è di imbalsamare o museificare il contesto urbano, nel quale nulla si può toccare o modificare. Quanto, viceversa, in un sapiente e intelligente “gioco” d’interventi capace di ben coniugare i tradizionali elementi caratterizzanti l’architettura locale da preservare, con le nuove istanze di ammodernamento di essa. In altri termini, gli interventi di recupero degli edifici preesistenti devono contemperare, da un lato, al rispetto dei valori storici e ambientali, che ne impongono la conservazione, e dall’altro, considerare il loro valore d’uso, che richiede l’adeguamento delle strutture storiche alle esigenze della vita moderna. Da ciò scaturisce una stretta corrispondenza tra funzioni e strutture fisiche, operazione che traduce il principio della “conservazione integrata” sancito dalla Carta di Amsterdam del 1975. L’attuale centro urbano di Gallodoro se recuperato in tutte le sue parti abitative, può ospitare mille e più abitanti a fronte dei circa trecento che oggi risiedono nel paese. Dato ciò risulta inspiegabile oltre che irrazionale la presenza sul territorio di vaste zone d’espansione edilizia certificate dal P. di F. ancora in vigore. Se poi si considera la fragilità idrogeologica della Vallis Aurea (come del resto di tutta la catena dei Peloritani), soggetta ogniqualvolta accadano avversità meteorologiche a frane e processi d’erosione, non si comprende come si possa edificare e cementificare in ordine sparso su un territorio a rischio, se non in maniera irresponsabile e scellerata. Il venir sempre meno dell’agricoltura che aveva in passato anche un ruolo di salvaguardia del territorio, e la necessità degli enti locali di far cassa attraverso la concessione continua di licenze edilizie, pongono dei problemi che investono i tradizionali modelli di sviluppo del territorio, e a cui la politica in primis è chiamata a dare da qui in avanti delle risposte concrete e convincenti. Crediamo sia giunto il momento di ripensare a un nuovo modello di crescita incentrato tanto sulla cultura della tutela, quanto su idee di sviluppo ecocompatibili con il paesaggio. Inoltre, si tenga presente che la nozione di tutela non può essere oggi riservata solo ed esclusivamente alle cosiddette aree di pregio, poiché ciò ha creato notevoli squilibri, ma va estesa a ogni ambito territoriale. E’ in conformità a queste premesse che nei prossimi anni si dovrà lavorare tutti insieme (istituzioni e associazioni locali e cittadinanza) a Gallodoro, attraverso l’elaborazione di un progetto di rilancio che inneschi dei processi sia di valorizzazione, sia di produzione che di gestione delle risorse, oltre che di turismo culturale e ambientale.