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giovedì, Agosto 7, 2025
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Suicida in carcere a Gazzi il femminicida di Sara Campanella. Il legale accusa: “Responsabilità dello Stato”

Si è tolto la vita nel carcere di Gazzi Stefano Argentino, il 27enne accusato dell’omicidio di Sara Campanella, la studentessa universitaria uccisa a coltellate in strada lo scorso anno a Messina, dopo mesi di stalking. La notizia del suicidio riapre le polemiche sulla gestione della sorveglianza in carcere: Argentino era stato sottoposto a monitoraggio speciale fin dal suo ingresso in cella per via di evidenti intenti suicidi, ma la misura era stata revocata 15 giorni fa. Secondo quanto ricostruito, il giovane, dopo un primo periodo critico durante il quale aveva anche rifiutato il cibo, aveva mostrato segnali di miglioramento grazie all’intervento di psicologi e terapeuti. Questo aveva portato al suo reinserimento in un regime carcerario ordinario, in cella con altri detenuti. Adesso la Procura di Messina ha aperto un’inchiesta per fare luce sull’accaduto.

Durissime le parole del legale della famiglia Argentino, che parla di “drammatico epilogo” e punta il dito contro lo Stato: “È il triste, drammatico epilogo di una storia di cui si supponeva già il finale: Sara è stata uccisa, Stefano si è tolto la vita e l’unica responsabilità è da attribuire allo Stato”. Il legale rivela inoltre di aver tentato invano di ottenere una perizia psichiatrica per Argentino: “Avevo chiesto una perizia psichiatrica perché avevo compreso Stefano e i suoi problemi… mi ero fatto portavoce degli stessi fuori dal carcere e il gip me l’ha negata. Avrebbe potuto salvare almeno una delle due vite, invece lo Stato dovrà sentirsi responsabile del misfatto”. Anche il segretario del Sindacato della polizia penitenziaria, Aldo Di Giacomo, parla di una tragedia prevedibile: “Argentino aveva già manifestato intenti suicidari dopo l’arresto e per questo aveva bisogno di un controllo costante”.

Il dolore resta profondo anche tra i familiari della vittima. L’avvocata Concetta La Torre, che assiste la madre di Sara Campanella, ha dichiarato: “È l’epilogo terribile di una storia terribile: ha deciso lui le sorti di due famiglie. Per noi è un colpo molto doloroso. Non possiamo che essere addolorati in questo momento. Non ci sono parole per descrivere i sentimenti che stanno provando i familiari di Sara”. La prima udienza del processo per il femminicidio di Sara Campanella, 22 anni, si sarebbe dovuta tenere il prossimo 10 settembre davanti alla Corte d’Assise di Messina. Argentino, reo confesso, era stato rinviato a giudizio con rito immediato: a suo carico anche le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, richieste dal procuratore Antonio D’Amato. Le indagini condotte dai carabinieri avevano ricostruito un quadro inquietante. Il giorno della tragedia, Sara – già vittima di persecuzioni – si era accorta di essere seguita e aveva inviato un messaggio alle amiche: “Il malato mi segue”. Aveva anche attivato la registrazione audio sul cellulare per documentare l’ennesimo episodio di stalking.

Le sue parole, divenute parte degli atti dell’inchiesta, descrivono con lucidità il rifiuto netto e il terrore di quei momenti: “Non voglio nulla con te, spero ora, dopo un anno, di essere stata chiara. L’ultima volta ti ho detto di lasciarmi in pace, cosa hai capito di questa cosa? Tu te ne torni a casa tua, io continuo per la mia strada, o mi devi seguire fino… Mi stai seguendo”. Di fronte alle proteste di Argentino, Sara fu ancora più esplicita: “Ti fai film come se noi avessimo avuto non lo so che cosa. Se c’è stato, c’è stato tipo un saluto e basta”. L’audio documenta gli attimi precedenti al femminicidio, culminato con una coltellata fatale alla gola. I carabinieri avevano anche trovato sul telefono dell’imputato elementi a sostegno della tesi della premeditazione: una foto di Sara con dei segni sopra e la scritta “dal sognarmi, a essere il tuo peggiore incubo…”. Secondo l’accusa, Argentino avrebbe anche cercato sul web informazioni su come colpire e acquistato su Amazon il coltello usato per uccidere. L’arma non è mai stata ritrovata, ma la scatola è stata rinvenuta nell’appartamento che il giovane occupava a Messina.

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