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giovedì, Maggio 1, 2025
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Una riflessione sulla Croce di Cristo nel tempo di oggi

E’ bello aspettare la Pasqua e fare festa, è giusto prepararsi a stare in famiglia, con i propri cari, gli amici e trascorrere nella gioia questo giorno, con un pranzo speciale, con una vacanza al mare o in montagna, con un momento di relax o una visita culturale. Per noi è, tuttavia, necessario fermarsi e vedere quello che c’è prima della festa e quello che resta dopo.

La festa è un passaggio rituale che nel mondo di oggi ha perso il suo significato originario di riconoscimento identitario – evolutivo e di appartenenza alla comunità, diventando una ricorrenza costante e tipica della società dei consumi, un mero fatto produttivo – ricreativo per alienarsi tramite le offerte di mercato e di moda transitoria, in cui s’innesta l’icona del “Narciso” del Caravaggio, figura dell’innamoramento di se stessi, della soggettività come autoreferenzialità, del mondo che gira attorno all’io mentre si immerge nel mare magnum dei beni superflui a soddisfazione del proprio egocentrismo.

Prima e dopo la festa si resta chiusi agli altri, centrati sui propri obiettivi e vivendo, secondo le solite e solide norme dell’abitudine e della rassegnazione, da ingranaggi meccanici e passivi di un sistema dispotico, ripetitivo e mercificato. Per valorizzare al meglio la Pasqua prima di tutto bisogna rivolgere uno sguardo  alla “Croce” e scoprire come non sia la storia di un passato lontano da noi, ma una realtà del passato che si attualizza oggi e che proseguirà nel futuro.

In qualsiasi posto in cui si soffre, nella corsia di un ospedale, nella solitudine degli anziani, nell’emarginazione dei giovani drogati, nel disagio dei disabili, nella divisione delle famiglie, nello sfruttamento del lavoro, dove le persone piangono, dove prevale la violenza e l’ingiustizia, la povertà e la miseria, là troviamo “la Croce”, quella vera, e troviamo il Cristo che si rende presente in mezzo a noi, facendosi uno di noi, perseguitato oggi come allora. Il Cristo continua a caricarsi la croce con noi e per noi. Lo possiamo riconoscere in tanti volti differenti di gente diversa per età, cultura, popolo, tribù, razza, colore della pelle, lingua e nazione, uomini e donne, vecchi e bambini, adulti e adolescenti; diversi, ma parte di un unico corpo, membro del corpo di quel Signore che per noi si è fatto obbediente fino alla conseguenza suprema, “fino alla morte e alla morte di Croce…”.

Il cammino della Croce diviene così parte integrante della vita dell’umanità sofferente e conduce alla Pasqua, la festa della Risurrezione, che trasforma ogni volta il cuore di colui che crede e va incontro a Gesù Risorto, la Via, la Verità, la Vita.“Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna… perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.

La Croce veniva considerata scandalo e stoltezza per la visione religiosa e pagana del tempo, un mezzo crudele di umiliazione e di morte, una vergogna da rinnegare, ma con Gesù acquista un significato di vita e di gloria, dove Dio ha stabilito la salvezza dell’uomo con la morte e risurrezione di Gesù Cristo, suo Figlio. Questo mistero profondo di morte e di vita, che si realizza nella Croce manifesta la certezza e la grandezza dell’amore fedele di Dio per l’umanità.

L’infinito amore di Dio assume il nostro peccato e ci libera, penetra nella nostra sofferenza e ci sostiene per poterla affrontare, entra perfino nella morte e la sconfigge per la nostra salvezza. La Croce di Cristo ci propone di stare dentro al suo amore e lasciarci prendere in modo tale da far circolare l’amore in un rapporto di reciprocità, senza urtarsi l’un l’altro ma nel rispetto della giustizia, nella pace della riconciliazione e nella conversione del cuore.

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