SANTA TERESA DI RIVA – Un “ponte” sul torrente Porto Salvo potrebbe mettere in pericolo il centro urbano di Santa Teresa di Riva? C’è allarme in città per il “tappo” che si potrebbe creare a monte dell’abitato, dopo la richiesta della società che era concessionaria della cava di gneiss di contrada Mandrazzi di collegare la strada provinciale 19 all’impianto di estrazione che attualmente risulta chiuso, avendo l’ente minerario negato il rinnovo della concessione, su parere negativo espresso dal Comune di Savoca. La Sicobit srl, la società concessionaria della cava, ha fatto ricorso. Intanto ha presentato un progetto preliminare redatto dall’ing. Francesco Crinò, con il quale vorrebbe poter collegare le due sponde del torrente Porto Salvo e che più a valle attraversa l’abitato di Santa Teresa di Riva, da Cantidati – dove è stato tombinato – allo sbocco nello Jonio. Una prima conferenza dei servizi convocata per avere i pareri di legge di tutti gli enti interessati si è conclusa con un nulla di fatto, molte le assenze, le parti presenti si sono aggiornate ma la seconda conferenza ha subito le sorti della prima: rinvio di ogni decisione, argomento sospeso. Dalla Sicobit è partita l’ennesima diffida, ora la palla passa al commissario straordinario al Comune di Savoca, Rossana Carrubba.
Tra Savoca e Sicobit non corre buon sangue da anni: il comune ha sempre avversato l’attività estrattiva per il danno ambientale che ne deriva ottenendone nel 2011 la chiusura, avendo l’ente minerario negato il rinnovo della concessione, su parere negativo espresso dal Comune di Savoca. La Sicobit fece ricorso al Tar per l’annullamento del provvedimento dell’Ufficio tecnico di Savoca prospettando un danno, per la chiusura della cava, di 100 mila euro al giorno. Il comune di Savoca ha affidato all’avv. Cecilia Nicita le proprie ragioni. Il ricorso, non avendo chiesto la Sicobit la sospensiva, è ancora da discutere.
Con il varo del nuovo piano cave, la Regione, che prima aveva concesso una proroga, ordinò la chiusura immediata della cava perché doveva essere richiesta una nuova concessione aggiornata con la nuova normativa e con la valutazione impatto ambientale (Via).
Nel frattempo l’amministratore del tempo della società ex concessionaria è stato condannato dal tribunale di Messina per avere attivato un impianto di frantumazione e di vagliatura inerti in assenza della prescritta autorizzazione per la emissione di polveri in atmosfera, per aver invaso abusivamente l’area demaniale destinata a cimitero occupandola con l’allocazione di un container, di un capanno in legno e di un semirimorchio carico di inerti, e “per avere provocato la modifica del corso del torrente Fontanelle, affluente del torrente Ligorìa – Porto Salvo”.