Alzi la mano chi non ha mai inveito contro un arbitro, durante un incontro di calcio, a difesa della propria squadra. È una pessima abitudine quella di attribuire ai direttori di gara appellativi a volte molto bassi e coloriti. Ma si sa, quando si ha il potere di decidere, senza che nessuno possa sindacare la scelta, è facile attirarsi le critiche altrui. Allora, come è possibile dirigere una partita riducendo al minimo le contestazioni? La prima e fondamentale risposta è operare con competenza. Quest’ultima richiede una appropriata conoscenza del regolamento di gioco, nonché una buona dose di riflessi personali che rapidamente permettano di capire cosa succede all’interno di ogni azione e prendere una decisione che rispetti le regole di questo sport. Sembra facile, ma non lo è. E questo lo si capisce dalle innumerevoli polemiche che sorgono in campo, a causa di decisioni errate che spesso creano tensioni tra gli schieramenti, arrivando in alcuni casi a falsare persino il risultato di una gara. Per fortuna si incontrano anche persone ben preparate e qualificate che innalzano il livello qualitativo della classe arbitrale e che danno un ottimo esempio di professionalità e di buon temperamento pure in partite difficili. La difficoltà oggettiva di questa attività è tale da non attirare un gran numero di candidati e questo ha come prima conseguenza quella di non poter effettuare una accurata selezione tra i pochi appassionati che si iscrivono all’A.I.A. Le motivazioni vanno rintracciate in diverse ragioni. Innanzitutto, indipendentemente dal livello che si intende raggiungere, bisogna comunque partire dalla base, e se in altri contesti la base rappresenta il livello di difficoltà più basso, nel calcio è esattamente il contrario, perché qui si trovano squadre appartenenti a territori limitrofi e formate da giocatori che si conoscono tra loro. Ciò comporta l’aumento del livello di competizione e dei derby, con le conseguenze facilmente intuibili. Un altro motivo è determinato dall’età del debutto in campo. Per fare bene questo mestiere bisogna cominciare da giovani, spesso quando non si ha neppure la maggiore età. Ma se per iniziare la carriera arbitrale possono bastare 17 anni, sono altrettanto sufficienti per dirigere partite difficili? Se a questo aggiungiamo che nelle categorie basilari non sono previsti gli assistenti di gara a tutela dell’arbitro che scende in campo da solo, la penuria delle iscrizioni ci sembra quantomeno comprensibile. Dopo un lungo campionato che volge quasi al termine, abbiamo assistito a numerose partite e incontrato arbitri con competenze assai diverse tra loro. Tralasciando chi non si è distinto per capacità e personalità, ci piace soffermarci su coloro che ci hanno maggiormente convinti delle loro qualità professionali dimostrate durante i vari incontri nella terza categoria girone B. Tra i tanti fischietti, quelli di Gemellaro, Iannello e Tomaso rientrano a pieno titolo tra i migliori in campo. Gemellaro rassicura con la sua personalità e lunga esperienza, Iannello, ancora molto giovane, possiede la giusta determinazione e abilità per il salto di carriera, e Tomaso mostra un mix di autorità accompagnato da una buona dose di comunicazione con i giocatori. Anche se le caratteristiche e le esperienze di ognuno di loro sono apparentemente diverse, di fatto riescono a portare in campo una qualità superiore che fa la differenza e che è garanzia di disciplina e serietà.