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lunedì, Luglio 7, 2025
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Il vincolo della Soprintendenza sull’area degli scavi archeologici di Scifì

FORZA D’AGRO’ – La Soprintendenza ha avviato le procedure per sottoporre a vincolo archeologico l’area degli scavi di Scifì dove nel 1987 vennero scoperte strutture murarie di epoca tardo romana. La comunicazione, dell’avvio della procedura cautelare, firmata dal soprintendente Salvatore Scuto e dalla dirigente per i beni archeologici Gabriella Tigano, è stata inviata ai proprietari delle dieci particelle da sottoporre a vincolo: Isaja, Trischitta, Lenzo, Scarcella, Manuli, Lombardo, Bongiorno. Finalmente, quindi, qualcosa si muove per gli scavi di Scifì, dopo anni di attese e di promesse. A spingere nella direzione auspicata il sindaco di Forza D’Agro, Fabio Di Cara, il presidente dell’Archeoclub, Domenico Costa, ed il presidente l’Osservatorio dei beni culturali dell’Unione dei Comuni, Filippo Brianni che hanno sempre lavorato affinchè non si spegnessero i riflettori su questo ritrovamento che potrebbe dare una spinta allo sviluppo culturale e turistico di questa area (se ci saranno gli investimenti necessari per la ripresa degli scavi) che a due passi ha un vicino “nobile” come l’Abbazia dei SS. Pietro e Paolo D’Agrò di epoca araba. Ma gli scavi nascondono ruderi di epoca antecedente, “tardo romana, presumibilmente riferibili ad un insediamento rurale o ad una statio, articolate in due fasi costruttive comprese tra la fine del III e la metà del V secolo dopo Cristo” come annota la soprintendenza nel suo provvedimento finalizzato alla salvaguardia, valorizzazione e tutela delle opere vincolate. Era stata la soprintendenza nel 1997 ad avere classificato i reperti di Scifì come resti di “una fattoria di epoca imperiale”, mentre la campagna di scavi intrapresa grazie ad una intuizione del compianto prof. Giuseppe Lombardo, tendeva ad avvalorare la tesi dei resti dell’antica abbazia, distrutta per eventi naturali. Non è cosa da poco, anche se le due tesi potrebbero sovrapporsi. Il monastero di Scifì potrebbe essere stato costruito dai monaci bizantini sui resti della fattoria di epoca romana. Secondo la prof. Grazia Spagnolo, del dipartimento delle scienze delle antichità dell’Università di Messina, la villa romana potrebbe essere stata distrutta da una alluvione o da un maremoto nella prima metà del IV secolo dopo Cristo. La dott. Gabriella Tigano, direttore della unità operativa per Beni archeologici della Soprintendenza di Messina, in occasione della tredicesima giornata dei beni culturali della riviera jonica e della visita guidata agli scavi organizzata dalla stessa Soprintendenza, dall’Archeoclub e dall’Osservatorio dei beni culturali (aprile del 2010) aveva dichiarato di essere convinta che gli scavi di Scifì nascondessero altri reperti di età imperiale e forse anche ellenistica, visto che nella prima campagna di scavi qualcosa del genere era emerso. Quindi si andrebbe ancora più indietro nel tempo, tanto che la “storia” della Valle potrebbe essere riscritta. Gli scavi, quindi, andrebbero ripresi. L’amministrazione comunale di Forza D’Agrò, nonostante il giovane sindaco Fabio Di Cara voli alto cercando strade nuove per valorizzare l’importante tesoro di beni monumentali che la cittadina sia nel borgo medievale che nella frazione Scifì, non ha le risorse necessarie per una nuova campagna di scavi, mentre i ruderi finora portati alla luce subiscono l’ingiuria del tempo, abbandonati come sono alle intemperie ed all’azione di qualche vandalo o cacciatore di souvenir.

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